C O N C E P T S
 S E L E Z I O N E  C R I T I C A
«Organizzare dati sensibili». È quello che ha scritto sulla prima pagina di un album in cui raccoglie appunti visivi di paesaggio, dei foglietti disegnati a penna, a pennarello, a matita, reinventati in studio o presi en plein air, con la macchina ferma a una curva della strada, mettendosi a fotografare con le dita una fuga di terre improvvisa. Roberto Covili ha sperimentato per anni nei labirinti della grafica: la cartellonistica, la pubblicità, i ritagli di rivista, il cinema, il fumetto, la fotocopia, il giornale, la pop art. In comune la vocazione per il tratto forte, per la polarizzazione, per i bianchi e neri contrastati. Poi c'è l'eco di Dürer, di Vallotton, di Viani, o le xilografie anonime d'incunaboli e cinquecentine, la narrativa ossuta di Sebastian Brant, di Domenico Capranica, di Hans Holbein, e tutta la scuola di disegno fiamminga e italiana. Forse anche la Cina e il Giappone. Tutto per ottenere una realtà semplificata, la riduzione d'informazione a vantaggio di un'icona concettuale, un itinerario conoscitivo che prova ad asciugare i dati sensibili e a organizzarli in un ideogramma istantaneo, senza ritorni possibili.

Matteo Meschiari

La forma archetipica, cui Roberto Covili aderisce, è quella del paesaggio, un paesaggio tutto suo, e suo per la spoliazione che subisce sotto lo sguardo mutevole ma sempre imprescindibile del cielo. Cadono, da esso, le presenze che l'autore avverte come non essenziali. Non si riconoscono, in questo universo, emergenze dell'uomo o di animali. La stessa vegetazione, in quanto forma di vita, lentamente inaridisce, si restringe, si mineralizza. Se pure resta qualche elemento vegetale - un albero, un cespuglio - non è che la testimonianza residuale di tutto ciò che quel mondo, nel processo di una lunga sofferenza, ha perduto.

Maria Teresa Orengo

Queste nuove terre di Roberto Covili sono dune e pianeti, spaccati geologici, steppe, vulcani, concrezioni carsiche, calanchi ravvisati tra sé e sé, ma sono anche regioni impossibili, lontanissime, inattuali e quindi perennemente future. Il sostrato di negazione che viene da questi quadri, la loro amarezza implicita, apre alla ricchezza della fantasia e dell'assenza. In essi ci si rammenta di certa fantascienza che allude a un mondo post catastrofico, desertificato ma per questo di nuovo innocente. Un primordio sorto allo stremo e intatto, in cui splendono remoti nevai, su cui incombono cieli lividi o improvvisamente si producono tempeste elettriche, aurore acide che tingono il paesaggio di colori sulfurei, lo candiscono di lampi e mutazioni.

Paolo Donini

Gli sguardi profondi e umanizzati del suo bestiario mettono in evidenza l'estro dell'artista confermando l'innata capacità e sensibilità di trasformare in segni, colori e sfumature, un paesaggio, un oggetto, un animale o un volto creando così icone personali ed esclusive.

Francesca Covili

Vedere il mondo dall'alto è una ventata di sensazioni, pensieri, emozioni che mi fa sognare per sentirmi più libero.

Roberto Covili

TECNICAMISTA 2017
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CONTAMINAZIONI 1

Roberto Covili - Giordano Orsi
FLYING HOME

Roberto Covili
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